La Necropoli di Misincinis

 

La scoperta della necropoli preromana di Misincinis e la sua esplorazione archeologica sistematica (tra la fine del 1995 e il 1997), hanno offerto l’opportunità per la prima volta di far luce sulla cultura materiale, gli usi e rituali funerari, delle popolazioni preromane della Carnia, probabilmente i Carni citati nei testi latini; hanno aggiunto quindi dati importantissimi per la comprensione della protostoria dell’intero Friuli ed in particolare di quel periodo, assai oscuro e lacunoso, che precede la fondazione di Aquileia.

 

Il cimitero era collocato su di un pendio ben esposto a sud, probabilmente a valle dell’area, non ancora identificata in cui era ubicato il villaggio, lungo la via che porta al passo di Lanza e di qui sia alla valle del Fella che a quella del Gail.

I primi materiali affiorarono per caso in seguito a lavori che i coniugi Clama eseguirono intorno alla loro casa.

I successivi interventi della Soprintendenza Archeologica e per B.A.A.A.S. del Friuli-Venezia Giulia condotti tra 1995 e 1997 misero in luce una necropoli con sepolture ad incinerazione, come d’uso nell’età del ferro in tutto il Caput Adriae (vedi in particolare le necropoli di Montereale Valcellina, Pozzuolo, S. Pietro al Natisone e Dernazzacco, Caporetto, S. Lucia di Tolmino) cioè con ossa combuste deposte con il corredo di oggetti in urne di ceramica ma anche in semplici buche nel terreno.

Le tombe rinvenute sono riferibili ad un arco cronologico compreso tra il VII ed il IV secolo a.C. Si possono suddividere in due gruppi riferibili a due diversi periodi, in cui si può osservare una certa differenza di stile e di cerimoniale. Anche gli oggetti di corredo si diversificano avvicinandosi a modelli diversi: nel caso delle tombe più antiche (VII-inizi VI sec. a. C.) l’ampia area di riferimento comprende Este nel Veneto euganeo, Hallstatt nel salisburghese, e la Slovenia occidentale. Il gruppo successivo (avanzato VI - IV sec. a. C.), il più numeroso, è per lo più composto da materiali la cui diffusione è attestata soprattutto in area alpina e prealpina tra il Trentino-Alto Adige, l’Austria e la Slovenia.

Materiali raccolti in uno strato superficiale, forse derivanti da tombe distrutte più recenti, e databili dal III al I sec. a. C. cioè fino alla presa di possesso del territorio montano da parte dei Romani, sono invece inquadrabili in ambito La Tène e sembrano testimoniare contatti con ambienti celtici del medio Danubio e della Carinzia. Dato il mancato ritrovamento di tombe di questo periodo risulta ancora difficile determinare con esattezza le modalità e la cronologia del presumibile insediamento in Carnia di Celti transalpini.

In una necropoli ad incinerazione protostorica come quella di Misincinis, data la deperibilità di molti dei materiali impiegati o deposti (legno, cuoio, tessuti) e la complessità della stratigrafia, il momento più importante del lavoro di ricerca è - più che in altri contesti archeologici - la lettura di tutti i segni (tracce, oggetti, resti organici) che il terreno restituisce. La mostra vuole pertanto illustrare alcune delle tappe del percorso seguito - e non ancora concluso - dall’archeologo e da altri specialisti dopo lo scavo, nel recuperare interpretare tali segni.

All’ indagine archeologica microstratigrafica in cui i rilievi dettagliatissimi in pianta ed in sezione con riproduzione in scala di strutture e oggetti hanno un ruolo determinante, segue l’interpretazione dei dati e la ricostruzione delle varie azioni che hanno determinato la formazione di un certo strato o di una certa traccia.


Ulteriori importanti dati provengono dalle analisi antropologiche delle ossa combuste, dallo studio archeobotanico dei resti vegetali carbonizzati.

Nel caso di Misincinis si sta tentando di ricostruire - utilizzando per confronto anche le testimonianze scritte di altre popolazioni allo stesso livello culturale - le operazioni svolte dagli antichi intorno alle sepolture dei loro morti, di definire cioè il complesso cerimoniale praticato nel momento della separazione da un membro della comunità.

Una fase di grande importanza dopo lo scavo è anche quella del restauro: le operazioni condotte sono infatti funzionali alla conservazione ma anche ad una approfondita conoscenza degli oggetti che accompagnavano il morto nella tomba.

Il successivo studio tipologico degli oggetti e dei corredi, che si accompagna alla loro riproduzione grafica, permette di definire mediante il confronto con serie note, la cronologia e mediante lo studio della diffusione dei tipi le aree di produzione e le relazioni tra le diverse comunità e gruppi culturali.