I turchi del Plan di Lanze

Risalendo da Paularo l'alta valle del Cjarsò d'Incarojo e salendo a nord del Monte Zermula si giunge ad una zona pianeggiante, solo leggermente ondulata, coperta da prati e distese di rododendri e ontani. Questo luogo si chiama Plan di Lanze, Piano di Lanza in italiano. L'origine di questo nome viene narrata in questa storia.

Nel momento di massima espansione del loro potere i turchi avevano spinto sempre più a Nord le loro scorrerie. Le orde dei guerrieri ottomani salivano con le navi lungo l'Adriatico o a cavallo attraverso i Balcani, seminando morte e distruzione in ogni luogo. Nessuno poteva resistere alla forza d'urto delle loro armi e l'Europa meridionale viveva nel terrore delle loro incursioni. Ma nemmeno i turchi erano invincibili e un giorno trovarono chi fece pagare loro ogni delitto. Questa storia non é scritta su nessun libro ma é stata tramandata nei secoli dai discendenti dei protagonisti.

Una grossa spedizione turca era giunta a mettere sotto assedio niente meno che Vienna, destando grande preoccupazione in ogni paese e gettando nel panico tutti i popoli, mai era successo che i turchi avessero osato tanto. L'assedio non ebbe successo e gli ottomani dovettero ritirarsi senza l'eccezionale bottino in cui avevano sperato. Pensarono tuttavia di rifarsi sulla strada del ritorno, certo la povera gente che potevano incontrare non possedeva le ricchezze di Vienna, ma non avrebbe opposto resistenza, come accadeva ormai da secoli.
Una parte dei turchi decise di puntare sulle Alpi, valicarle e calare sulla pianura friulana da Nord. I turchi sono, contrariamente a quello che si pensa, un popolo di montanari e, probabilmente, i loro capi si sentivano al sicuro in un ambiente a loro congeniale.


Durante la traversata fecero campo sulle Alpi Carniche, nel pianoro a settentrione dello Zermula, dove erano giunti agevolmente dalle valli austriache. Si narra che il piano fosse coperto dalle tende dei turchi, che contavano diecimila uomini armati e coperti di corazze e scudi.

Il loro arrivo non tardò di mettere in allarme tutte le comunità della Carnia, se i turchi fossero calati lungo il Canal d'Incarojo avrebbero saccheggiato, incendiato ed ucciso in tutti i paesi. Di fronte a questa terribile minaccia i carnici capirono che la fuga non avrebbe servito a niente. La Carnia é povera, le coltivazioni sono limitate e danno poco frutto, l'inverno é duro e se i villaggi fossero stati lasciati in balia dei razziatori la gente non avrebbe avuto speranza di sopravvivere anche se fosse sfuggita alle sciabole turche. Così si decise di dare battaglia ai guerrieri ottomani. Un'impresa disperata, che non era riuscita ai più potenti eserciti europei, ma si trattava di una lotta per la sopravvivenza ed i montanari carnici, che non sono mai stati teneri con chi vuole calpestare la loro terra, non avevano altra alternativa.

In Carnia non c'erano veri e propri soldati, nessuno portava armi da guerra, dato che la gran parte degli uomini lavorava nei boschi e nelle malghe. I turchi erano guarrieri di grande esperienza, addestrati e ben armati. Bisognava dunque giocare d'astuzia.

Gli uomini validi si riunirono armati di quanto avevano a disposizione: asce, falci, mazze, forconi. I turchi non si aspettavano di certo un attacco da parte di quella gente e stavano tranquilli nel loro accampamento. Di certo avevano delle vedette che conrollavano la valle verso Paularo, quindi, per attaccare senza essere visti, era necessario muoversi di notte.
I carnici salirono nell'oscurità, grazie alla conoscenza della loro terra e raggiunsero il passo fra lo Zermula ed il Zuc della Guardia senza essere visti dagli ottomani. Quando furono vicini all'accampamento si gettarono all'attacco, improvvisamente, uscendo dal bosco e scagliandosi con tutta la forza disponibile sui turchi che, ignari, stavano nelle loro tende. Quei guerrieri che avevano terrorizzato l'Europa per tanti anni non ebbero nemmeno il tempo di rendersi conto di quanto stava accadendo: vennero massacrati senza pietà (che d'altro canto non conoscevano), nessuno potè sfuggire.

All'alba, dopo una notte di carneficina, i carnici scavarono delle fosse nella terra che si accumula in alcuni avvallamenti sul pianoro e vi seppellirono i turchi, con tutte le armi ed i loro oggetti. Probabilmente temevano di lasciare tracce della strage nel caso altri turchi fossero giunti in seguito per vendicare i loro compagni. Per molti anni, durante le grandi piogge della Carnia, l'acqua portava allo scoperto le lance turche, per cui il luogo venne chiamato Plan di Lanze.


I Pagans di Cjaserualis

 

A sovrastare l'imbocco del Canal d'Incarojo si trova una montagna, il Monte Cucco. Non e' un monte particolarmente impervio o alto, ma sulle sue pendici si e' svolta una delle pagine epiche della storia della Carnia. Nessuno sa, in realta', se quanto sto per narrarvi sia realmente accaduto o se si tratti solo della fantasia della gente che vive fra quei monti, comunque questo e' cio' che narrano i vecchi.

Sulle pendici meridionali del Monte Cucco si trovava un villaggio abitato dai Pagàns, gli uomini dei boschi e delle montagne, dei barbari che venivano chiamati cosi' perche' non avevano mai abbracciato la fede cristiana come gli abitanti dei paesi della valle e continuavano a vivere secondo costumi molto antichi.
I carnici avevano timore dei Pagans, uomini robusti e forti, abituati alla vita sulla montagna, dove vivevano di caccia e da dove, saltuariamente, scendevano per derubare gli abitanti dei paesi di valle.


Il villaggio sul Cucco si chiamava Cjaserualis [1] ed era abitato da un clan di Pagans che custodiva una specie di tempio. Sopra il villaggio infatti si trovava un tempo un castello dove era custodito un idolo sacro per i Pagans. Il castello non era stato costruito da esseri umani essendo destinato a dimora di una sorta divinita'. L'idolo che il clan di Cjaserualis custodiva e venerava era un grande bec [2] completamente d'oro. Questa non era una semplice statua, ma un essere soprannaturale vero e proprio. Il Bec d'Aur [3] era un essere potente che dominava le montagne e proteggeva i Pagans.

Un giorno un altro clan di Pagans, che aveva la propria dimora nel villaggio di Prunescjes [4], pretese di prendere in custodia il Bec d'Aur togliendolo a quelli di Cjaserualis. Non serve dire che la cosa non fu per nulla risolta in modo pacifico, dato che i Pagans erano un popolo di cacciatori e di fieri guerrieri ed i loro clan erano in perenne lotta. Cosi' i Pagans di Prunescjes fecero guerra a quelli di Cjaserualis per il possesso dell'idolo d'oro del Bec.

La battaglia si svolse nei pressi del castello, dato che quelli di Prunescjes erano arrivati con le armi per impadronirsi del Bec. Ad attenderli c'erano tutti i guerrieri di Cjaserualis. I Pagans combattevano in modo antico, non avevano armature e le loro armi erano principalmente mazze e asce, molti portavano archi con cui erano, da cacciatori provetti, ottimi tiratori, pochi portavano spade.

Lo scontro fu terribile, i Pagans delle due parti si affrontarono con violenza inaudita sul campo di battaglia per tutto il giorno. Quelli di Prunescjes non riuscivano ad avvicinarsi al castello, quelli di Cjaserualis non ce la facevano a respingerli in modo definitivo. Tutto il pendio sul monte era ormai coperto di sangue e di corpi di guerrieri uccisi e la giornata stava per volgere al termine. Sembrava che la battaglia avrebbe dovuto continuare il giorno dopo.

Nel castello il Bec d'Aur assisteva allo scontro fra i Pagans e l'ira crebbe in lui. Come potevano quei miseri uomini pretendere di trattare un dio come se fosse qualcosa di loro proprieta'? Cosi' il Bec d'Aur si animo' ed usci' dal castello per punire la presunzione degli uomini. Corse verso il crêt [5] che sovrastava Cjaserualis e con i colpi delle sue potenti corna fece saltare in frantumi la roccia, questa frano' improvvisamente con un enorme boato e precipito' sul campo di battaglia uccidendo gran parte dei Pagans impegnati nello scontro. Anche il castello fu travolto e distrutto in un solo istante, con tutte le sue mura che avevano sfidato intatte i secoli.

I Pagans erano stati sterminati, quasi tutti i guerrieri erano morti e quelli rimasti non avevano altro da fare che ritirarsi verso le loro case per evitare l'ulteriore ira del Bec d'Aur.
Quella fu l'ultima battaglia dei Pagans in Carnia, da quel giorno la loro gente si disperse sui monti e fra tante valli, i clan non tornarono mai all'antica potenza e lentamente si estinsero. L'ultimo pagan del clan di Cjaserualis rimasto al villaggio nel XV secolo per sopravvivere fu costretto a scendere a valle e convertirsi. Gli altri vivono probabilmente ancora oggi fra i boschi, nelle caverne sulle montagne della Carnia, tanto e' vero che le madri minacciano i figli piu' irrequieti dicendo loro "Cjale che vegnin i Pagans e ti puartin vie se no tu fâs 'l brâf" [6].

Il Bec d'Aur offeso per quanto avevano fatto i Pagans non torno' piu' fra gli uomini e tutt'ora vaga per le montagne senza che nessuno lo possa mai incontrare. Camminando lascia impronte profonde nel terreno e dove si ferma a riposare la sua sagoma rimane segnata sull'erba bruciata dal potere che emana il suo corpo. Ogni tanto i montanari trovano queste tracce e sanno che sono quelle del Bec d'Aur che un tempo viveva nel castello di Cjaserualis.

Lo Sapevate che?

A Trelli  in località  Proneschies (Pornescias) a circa 900 mt. di quota esiste un insediamento di materiale sporadico, modalità e data del rinvenimento non determinate, In situ, era situato il campanello dei Pagans ma non è stato rintracciato, infatti il campanello sembrerebbe sia conservato  presso privati del luogo.

Il sito di Trelli è' uno degli insediamenti definiti dal Lazzarini come "sostorici, chiamato dai locali "Capele dai Pagans". Consta di avanzi murari e di tombe scavate nella roccia, analoghe a quelle di Lauco che Gortani scoprì verso la fine del secolo scorso e che vennero datate genericamente all' età preromana.Alcuni anni fa qui è stato rinvenuto un campanello in bronzo datato all' epoca romana.


Note